27 settembre 2009

I Led Zeppelin

Ciao a tutti, oggi vorrei parlarvi dell'importanza seminale di una band inglese degli anni 70, che tutti conoscono: i Led Zeppelin.
Questa band riveste un ruolo essenziale per quanto riguarda la musica rock degli ultimi 40 anni. Ho scoperto l'acqua calda? Forse. La realtà è che tutti sanno, ma pochi fanno caso davvero a come le band attuali sono state influenzate. Vi porto qualche esempio, in modo da farvi realizzare (giovani metallari) da dove arrivate (vedi anche il post Sapere da dove arriviamo).

Kashmir (1975)



I Rage Against the machine, con Wake Up (1994), ci fanno capire che hanno davvero preso molto dagli Zeppelin:



Achille's Last Stand (1976)



gli Iron Maiden devono certamente aver ascoltato molto questo pezzo... sentite la "cavalcata" che è poi diventata il marchio di fabbrica di Steve Harris e soci? Non si tratta di plagio, è chiaro. Solo che, in un certo senso, gli Zep avevano già scritto un vocabolario di base che è stato poi ampliato e riveduto da band successive. Proseguiamo...

Ramble On (1969)



Un grande brano, che unisce folk e rock... ora sentite I Pearl Jam con quel magnifico capolavoro che è Black (1991)



Vedder e compagni non hanno mai fatto mistero di essere stati influenzati dai Led Zeppelin. I Jam pagheranno "ufficialmente" il loro tributo agli Zeppelin con Given To Fly, che è una citazione voluta di Going To California.

Un influenza meno diretta, ma rilevante:
Black Dog (1971)



E "Il chitarrista" (1983) del nostrano Ivan Graziani, mai abbastanza rimpianto.



qua l'anologia è meno evidente, ma si trova nella "botta e risposta" fra la voce e il riff.

Potrei continuare a lungo, ma credo di aver fatto degli esempi mirati, parlando di band americane (Rage Against The Machine e Pearl Jam, molto diverse tra loro), inglesi (Iron Maiden) e l'italianissimo Ivan Graziani. Si va dal rock misto a rap, al grunge, al metal e al cantautorato macchiato di blues, eppure l'influenza zeppeliniana è chiara in tutti questi generi. Provate voi a trovare qualche altro esempio, sarebbe molto utile... e fidatevi che ce ne sono molti :)

A presto!!!

24 settembre 2009

*Spezzare* Il groove

Ciao a tutti! E' un periodo un po' pieno, e non riesco a scrivere con la costanza che vorrei; ad ogni modo oggi volevo proporvi alcune riflessioni su come far girare un pezzo, proponendovi qualche esempio.
Ho notato, ascoltando soprattutto soul e derivati (James Brown, Stevie Wonder, AC/DC...), che le parti vengono costruite e arrangiate in modo molto semplice: alcuni strumenti dovranno fare il tappeto ritmico, e altri dovranno spezzare il groove.
Che significa?
Faccio prima a spiegarvelo con un esempio:


Superstitious, del grande Stevie Wonder. Notate come il basso e la batteria eseguano parti molto "semplici" (le virgolette stanno a indicare che in realtà è difficilissimo avere quel tiro); il basso addirittura suona una sola nota, su ogni quarto. Il batterista si concede qualche fraseggio sul charleston, ma la cassa e il rullante sono quadratissime.
E qua interviene il clavi a spezzare il groove, con una parte decisamente più intricata dal punto di vista ritmico. Il groove nasce proprio li. Il tappeto, formato da basso e batteria, e il riff di tastiera a spezzare il ritmo.
Vediamo un altro esempio:


Sex Machine, di James Brown. La situazione è analoga, ma gli strumenti sono diversi e hanno funzioni diverse: qua la batteria e la chitarra fanno da tappeto, suonando parti lineari e ripetitive (vi ricordo che è impossibile suonare con quel tiro) e il basso invece si muove molto, creando il groove. Notate che la parte di chitarra non cambia mai (tranne nel cambio sulla B), e provate a contare quante volte il batterista suona un piatto che non sia il charleston... sorpresi? :)


alla prossima!!!


21 settembre 2009

Lutto nazionale

Inaccettabile che questa persona giudicasse musicisti in una nota trasmissione televisiva. I Muse hanno fatto benissimo a prenderla in giro e io mi vergogno per lei.

19 settembre 2009

Guida alla sopravvivenza (suonare nei locali) - Prima parte

Ciao ragazzi.. periodo un po' pieno e non riesco a scrivere con la costanza che vorrei, ma ho notato che un po' di respiro in più permette agli articoli di essere assimilitati meglio da parte dei lettori... vedremo! Oggi vorrei mettere sul piatto alcune delle esperienze che ho maturato (insieme a numerosi amici e musicisti) e discuterne con voi: si tratta di come comportarsi quando si va a suonare. Si tratta di un discorso abbastanza ampio, che vorrei sviscerare a fondo. Ipotizziamo di dover fare una serata in un pub, un club o qualcosa del genere (situazioni del genere capitano a tutti).
1. La puntualità! è troppo importante essere precisi sotto questo punto di vista. Se avete concordato un orario, rispettatelo. Sembra una banalità, ma è incredibile quanto il ritardo (e, in alcuni casi, l'anticipo) possa irritare chi lavora con voi. Se uno o più membri della band hanno altri impegni (altri lavori o cose simili) e sono impossibilitati a rispettare l'orario è bene avvisare l'organizzatore della serata con un buon preavviso.
2. Sul palco, ordine! Evitate di montare tutta la vostra strumentazione e iniziare a suonare, quando magari il batterista sta ancora scaricando il furgone o la sua macchina. Piuttosto, aiutatevi e organizzatevi a montare tutto senza pestarvi i piedi. Questa regola vale triplo se suonate in un posto dove non c'è un fonico e dovrete fare i suoni da voi. Per suonare ci sarà tempo al soundcheck e durante la serata, non ha senso provare le scale, lo slap o i paradiddle quando magari bisogna ancora cablare tutti i microfoni. Montate la strumentazione, controllate che tutto sia ok, e poi cercate di aiutare gli altri.
3. Il soundcheck. Cercate di collaborare con il fonico. Il fonico è il vostro migliore amico. Lui probabilmente darà al gestore l'opinione più importante riguardo alla vostra performance. Fate quello che vi dice, e quando non dice niente non suonate! Durante il check, suonate con l'intensità con cui suonerete in concerto (vale soprattutto per cantanti e batteristi, che hanno la tendenza a tenersi molto per poi scatenarsi dopo, con un conseguente sbilanciamento dei volumi degli strumenti). Quando deciderete quali strumenti avere in spia, siate ordinati. Uno per volta chiedete cosa volete sentire nel monitor; gli altri dovranno essere pronti a suonare in modo da velocizzare i tempi (esempio ok: cantante: "mi alzi la chitarra in spia?" chitarrista: "SBREEEENG!" esempio non ok: cantante: "mi alzi la chitarra in spia?" chitarrista: "eh aspetta avevo spento tutt... aspe che riaccendo, un attimo, ecc ecc."). Una volta fatti i suoni, provate al massimo un paio di pezzi e andate a mangiare. Evitate di fare un concerto alle sette di sera, non interessa a nessuno e non farà che scaricarvi le pile.
4. Comportamento nel locale. Questo sembra scontato, ma ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare. Non siete a casa vostra. Siete ospiti. Rutti, scoregge, bestemmie e urla (!) non sono ammesse. Cercate di non esagerare con il mangiare e con il bere (soprattutto prima del concerto), specie in posti dove andate per la prima volta (nella mia esperienza esistono molti gestori ospitali, che hanno piacere a farvi ingozzare, però non potete saperlo da prima). Se le fidanzate o le mogli o gli amici vi hanno seguiti sin dal soundcheck, il gestore dovrà saperlo per organizzare la cena (e probabilmente dovranno pagarla, com'è giusto). Ripeto, sembrano cose banali e scontate, ma ne ho viste davvero di tutti i colori.

Fine della prima parte :)


16 settembre 2009

Il virtuosismo genera mostri.

Ciao, assidui lettori (sembra che il blog stia funzionando bene.. fatevi sentire)... Oggi volevo proporvi un'interessante riflessione che riguarda principalmente i chitarristi, ma anche bassisti e batteristi. Spesso veniamo traviati dall'ascolto, specie quando ascoltiamo musica con elevata esposizione di tecnica e virtuosismi.
Cosa intendo dire?
L'ascolto di un virtuoso dello strumento tende a farci dimenticare della componente musicale (che spesso è presente... non è vero che facendo tante note diventiamo automaticamente inespressivi, freddi, e comunque il nuoto è lo sport più completo). Il problema è principalmente dell'ascoltatore-musicista che, abbagliato dal virtuosismo, dimentica di far caso all'arrangiamento, al sound, al fraseggio e a tutte quelle cose che lo rendono un musicista completo. Esempio lampante per i chitarristi: Steve Vai. Anche se non ne sono certo un fan sfegatato, riconosco in lui una profondità musicale e delle intuizioni che hanno certamente del geniale, oltre a una tecnica strumentale di primissimo piano. Ci sono molti suoi fans (sto generalizzando, cercate di capire di quel che sto parlando) che tentano di emularlo in ogni modo ma si focalizzano solo sull'aspetto più abbagliante del suo fare musica: il virtuosismo, appunto. Dimenticandosi del resto, abbiamo legioni di aspiranti chitarristi con un suono e un tocco discutibili, senza un'ombra di fraseggio, ma con un'elevata propensione al virtuosismo (quante volte avrò ripetuto questa parola oggi?), dimentichi del fatto che il signor Vai, oltre alla tecnica di primissimo piano, possiede anche le altre doti. Poi, che ci piaccia o no è un fatto di gusto, ma alcuni parametri sono oggettivi! Lo stesso discorso si può applicare per i bassisti quando rimangono abbagliati da un certo tipo di funk e inizano a slappare senza ritegno, influenzati da Marcus Miller, Victor Wooten e altri (che pur hanno ben altra profondità, ovviamente), o per i batteristi che appena scoprono Mike Portnoy inizano a spostare accenti e a esagerare con il loro *suonaggio* (questo è un neologismo ormai comunemente accettato). Sono inoltre fermamente convinto che l'antipatia che si ha per i grandi virtuosi sia dettata un po' dall'invidia, e un po' dal fatto che ci siano molti loro fan che non riescono a cogliere la musica dietro al virtuosismo, che spesso non è gratuito.
Che ne pensate?... spero che si sia capito il discorso :)
Matt

14 settembre 2009

E' lunedì, e ho mal di pancia...

Ciao amici.. oggi ho davvero pochissimo tempo per scrivere, però vorrei segnalarvi un video didattico che pochi conoscono del grande e mai abbastanza rimpianto Danny Gatton (se non lo conoscete, consiglierei l'acquisto degli album Cruising Deuces e 88 Elmira st., ma in definitiva va bene qualsiasi cosa). L'esercizio proposto è concettualmente molto semplice, e ha il fine di emulare i banjo rolls con la chitarra. Indipendentemente dal fatto che vi piaccia o no il country, è efficacissimo per migliorare la vostra pennata ibrida e per slegare l'anulare (ho suonato regolarmente il pattern della mano destra per una settimana e mi sono sentito miracolato). In genere non sono un vero cultore degli esercizi, ma questo è stato veramente utile, musicale e stimolante (almeno per me!)
Vai Danny! :)
(segnalo un errore sui titoli in sovraimpressione a 0:54 ...il 3rd finger va con la 1st string, e non con la 3rd, come erroneamente riportato)

13 settembre 2009

Sapere da dove arriviamo

E' importante, quando si studia lo stile di questo o quell'altro musicista, sapere (o capire) da dove viene musicalmente. Sapere chi ha influenzato chi può farci conoscere davvero il musicista che ci interessa. E' un aspetto purtroppo abbastanza trascurato.
Ad esempio (faccio un'iperbole, non me ne vogliate): voglio studiare il linguaggio di un chitarrista svedese molto interessante degli anni '80: Yngwie Malmsteen. Potremmo pensare di imparare da lui, tirando giù i suoi assoli e le sue improvvisazioni, ma (dal mio punto di vista) non è sufficiente. Vediamo allora di capire da dove arriva. Yngwie dichiara spesso di essere stato influenzato da Antonio Vivaldi e Niccolò Paganini per quanto concerne la musica classica, e da Richie Blackmore per quello che riguarda la componente rock. Quindi conoscere e studiare i lavori dei 3 sopracitati artisti è essenziale per assimilare a fondo lo stile di Malmsteen. Vi dirò di più; per migliorarci ancora, possiamo andare a ritroso, e i risultati sono davvero curiosi. Qual è la più grande influenza di Blackmore? A detta sua, (perchè dovrebbe mentirci?) Jimi Hendrix (Ha bisogno di presentazioni?). Hendrix stesso dichiara di aver imparato a suonare dai dischi dei vecchi bluesman (Muddy Waters, Albert King, Albert Collins, B.B King e via dicendo), oltre che dai Cream (il primo vero power trio rock-blues inglese). Lo stesso Clapton afferma regolarmente di aver imparato tutto dai grandi maestri americani, che a loro volta avevano elettrificato il blues (credo che i primi siano stati Elmore James e Muddy Waters). Quindi si può risalire ulteriormente al blues primordiale di Robert Johnson, Blind Lemon Jefferson, Leadbelly eccetera, che probabilmente avevano scritto le loro canzoni basandosi sui canti degli schiavi africani emigrati in America. Dal mio punto di vista, l'origine della musica occidentale sta in gran parte in Africa (fine dell'esempio).
Non sto dicendo che per imparare a suonare come Malmsteen (ma poi, perchè?) dobbiamo per forza ripartire da Vivaldi e dai ritmi tribali del Mali, però una riflessione filologica di questo tipo ci deve far pensare all'importanza delle origini della musica che ascoltiamo. Queste origini, sono spesso le stesse: l'influenza del blues è incredibile, anche su musica insospettabile, e non si parla solo di accordi e melodie, ma anche di tematiche. Il discorso sarebbe comunque troppo ampio, e io volevo solo fare un esempio (bisognerebbe scrivere un libro!).
Una cosa utile da fare è questa: prendete l'artista che state studiando in questo momento, e scrivete il suo nome al centro del foglio: a quel punto tracciate dei collegamenti e cercate di capire quali sono le sue influenze e chi invece è influenzato da lui, non importa se stiate studiando Malmsteen piuttosto che Coltrane o Lou Reed.
Buon lavoro!

12 settembre 2009

Come *qualcuno* mi ha cambiato la vita (di Luca Milieri)

Ciao amici... oggi un articolo un po' particolare, da parte di un mio grande amico e chitarrista, Luca Milieri (clicca QUA per ascoltarlo). Gli avevo chiesto tutt'altro, per il blog, e mi ha sorpreso con questa perla, che devo dire mi ha fatto un piacere immenso (capirete leggendo). E' ovviamente una riflessione sul capire quali siano le cose importanti del fare musica, senza perdersi nelle paranoie proprie del proprio strumento (noi chitarristi siamo maestri in questo). Siccome Luca è uno dei migliori chitarristi che abbia mai visto suonare dal vivo, vi consiglio di leggere con attenzione quanto segue:

Primo giorno in CPM, fuori dalla classe in attesa di entrare si era formato un capannello di giovani ragazzotti arrivati da tutta Italia con un sogno in comune. Tra una chiacchera e l'altra sentiamo quella che probabilmente era la lezione della classe di blues, io felicissimo mi accorgo che gli insegnanti sono davvero di un livello altissimo e mi metto ad ascoltare. Accidenti, è proprio bravo questo insegnante, che frasi, che suono pazzesco!!! dopo qualche minuto, si apre la porta ed escono i ragazzi. Guardo dentro, ma non c'è l'insegnante. Stupito, chiedo chi fosse il bluesman della situazione e mi si presenta davanti un biondino vestito di tutto punto sorridente che risponde:"io, perchè?"
Non volevo credere alle mie orecchie, ero stupito perchè quel ragazzo "intendeva" la musica in un modo a me sconosciuto, io che fino ad allora masticavo solo sweep, tapping e altre parole pornochitarristiche mi trovavo davanti a un coetaneo che con quel suo "semplice" vocabolario di pentatonica intratteneva i passanti divertiti. Ecco che avevo imparato la mia prima lezione ancora prima di entrare in classe!!!

Sono passati 4 anni ormai e ho imparato un sacco di cose, tuttavia credo che alla fine l'importante sia tenere a mente che devi buttare fuori quelle cose, come parlare di un libro che hai letto. Se hai capito il libro, fai delle citazioni, ne dai una tua interpretazione, insomma sai di cosa stai parlando allora la gente ti darà retta e magari comprerà anche i tuoi libri se ne scriverai uno, ripetere a memoria le frasi o i capitoli (!) che ti ricordi non interessa a nessuno.

ah, quel ragazzo era Cerbo eh...


Mi sono commosso! Grazie Luca :)

11 settembre 2009

Studiare e/o Suonare...

Buongiorno a tutti: ieri sosta forzata per i festeggiamenti del mio compleanno, oggi si riparte, con una riflessione importante sulla netta distinzione che deve esserci fra studiare e suonare dal vivo.
Troppo spesso ci capita di provare in concerto soluzioni che ancora non sono state metabolizzate abbastanza in fase di studio. Il discorso è che a casa, seduti con calma, possiamo studiare, provare e riprovare le cose (fraseggi, ritmiche, quello che ci pare), mentre quando suoniamo davvero dovremmo solo fare le cose di cui siamo sicuri (che avvengono quasi a livello inconscio, e che possiamo cantarci in testa). E' facile cascare nel tranello di suonare qualcosa che abbiamo appena studiato, ma di solito quando facciamo così andiamo a snaturare quello che è il nostro fraseggio, proprio perchè dobbiamo stoppare il flusso di note che è nella nostra testa, fermandoci (anche solo per mezzo secondo) a elaborare la frase precostruita che abbiamo studiato (evidentemente non abbastanza) a casa. In questo modo si crea uno sfasamento fra il nostro fraseggio e questi elementi esterni. Per interiorizzare gli elementi esterni, dobbiamo provarli a casa, finchè non diventano parte del nostro vocabolario (questa è la vera fase di studio!). A quel punto, entreranno automaticamente nelle nostre improvvisazioni (sia ritmiche che melodiche)...
In poche parole, dobbiamo essere in grado di pensare (o, se siamo bravi, cantare) tutto quello che suoniamo: più cose studiamo, più cose saremo in grado di pensare cantare e... suonare :)

Via al dibattito :)

9 settembre 2009

L'arte del NON suonare (di Nicola Bruno)

Ciao amici... oggi lasciamo lo spazio a un grandissimo musicista, il bassista Nicola Bruno (clicca QUA se vuoi visitare la sua pagina myspace e sentire come suona... consigliatissimo direi)... ci scrive un articolo decisamente interessante su come a volte sia difficile non suonare e lasciare il giusto respiro alla musica.. buona lettura!

Ciao a tutti!!!
Mi piacerebbe in questa sede condividere con voi alcune mie brevi considerazioni su uno degli aspetti credo piu difficili per un musicista: il NON suonare. Le pause e i momenti di silenzio in un brano sono quelli che danno colore alla musica, che la fanno respirare.. proprio come nella vita credo che nella musica sia bellissimo "stare zitti" o lasciar suonare strumenti diversi dal proprio, ascoltare per aver qualcosa da condividere con gli altri musicisti e con chi partecipa da spettatore allo sviluppo del brano musicale..
Ovviamente suonare le pause "a caso" non è proprio il massimo della libidine, la pausa normalmente è suggerita da una serie di cose (dinamiche, figure ritmiche, strutture, nei live in particolare da semplici sguardi, interplay, sorrisi, ecc..) che messe al punto giusto rendono la musica "viva". E non parlo solo dell'aspetto solistico di un brano. Essendo come bassista parte integrante di una sezione ritmica, cerco di dare molta importanza alle pause per rendere piu solide le fondamenta della canzone, per creare movimento e per lasciare il solista libero di far quello che sente senza mai abbandonarlo...
Tornando alle prime righe del mio discorso reputo che il NON suonare sia una cosa estremamente difficile perchè si è sempre portati a far uscire note su note dal proprio strumento e piu' si è bravi tecnicamente piu' questa tentazione è forte..beh, in questi casi la tecnica dovrebbe venire in soccorso ed aiutare invece che, come spesso succede, lanciare fumo negli occhi o essere semplicemente da ostacolo. Penso che una buona soluzione al problema dipenda solo da noi e da come siamo fatti a livello umano piu che musicale.
Come nella vita molte volte è meglio una pausa ben fatta che 1000 note suonate in un secondo!! (... e qui ci è scappata la massima..AIUTATEMI!!!!!)
A parte gli scherzi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e soprattutto se avete pareri diversi dal mio sarebbe bello conoscerli e discuterne insieme!!!
Nicola Bruno

Grazie Nick, via alle telefonate! :)

8 settembre 2009

La dinamica (di Alessandro Balladore)

Buon martedì mattina! (azz, è già ora di pranzo)... Il nostro Balladore si è attivato e ci lascia un altro articolo, relativo alla dinamica, un aspetto direi fondamentale del suonare e del suonare insieme: spazio al suo intervento, quindi!

...Mi piace definirla il “colore” della musica... Purtroppo la sezione ritmica, quindi batteria,basso,chitarra (che è prima di tutto uno strumento ritmico!!!) e pianoforte, dimentica spesso qual è la sua funzione primaria e cioè quella di assecondare il solista di turno, oppure il cantante. Bisogna lasciare al solista la possibilità di esprimersi, di raccontare, e cercare di sostenerlo nel modo piu’ adeguato. Cioè, se inizia il solo con poche note e lascia lunghe pause, la ritmica dovra’ suonare piano, anche pianissimo (e con poche note, di solito) e crescere man mano che il solo si sviluppa...se (la sezione ritmica) suonasse subito forte e troppo sommergerebbe il solista e lo costringerebbe a “smanettare” o a sgolarsi inutilmente. E’ necessario ascoltarsi a vicenda e cercare di creare un interplay, in modo che diventi un gioco (Interessante notare che il verbo suonare in inglese è to play e in francese jouer), uno scambio istantaneo di idee e sensazioni. In definitiva una buona ritmica è una ritmica che ascolta.

Alessandro Balladore

Che ne dite? per me è sacrosanto, da scolpire nella pietra!
Matt

7 settembre 2009

Costruzione di un suono di chitarra

Buongiorno a tutti i lettori!... Dopo l'assenza forzata di ieri, torniamo con un articolo con qualche cenno generale riguardo la creazione di un buon suono di chitarra. Le cose che scriverò non hanno a che fare con un genere in particolare, sono solo buoni consigli per avere un suono che si possa sentire all'interno del mix.
Distinguiamo (al solito) due tipologie di suoni: puliti e non puliti (crunch e distorti, per i più pignoli).

Suoni puliti:
Il suono pulito dovrebbe essere per definizione brillante e cristallino (anche se nella musica rock si utilizza spesso un pulito già irrobustito che tende a sporcarsi suonando forte), per cui (partendo da una posizione flat) regoliamo i controlli dell'ampli in modo da avere qualche acuto in più. Anche i bassi dovranno essere leggermente enfatizzati (evitando di esagerare, facendo entrare in risonanza le corde basse).

Suoni non puliti:
La quantità di distorsione influenza il nostro suono. C'è in giro un'erronea convinzione che più gain significhi più botta. Non è vero, anzi, forse è vero il contrario. Il suono che ha più botta è certamente un suono pulito. Mi spiego meglio: il pulito, essendo privo di distorsione, è estremamente dinamico; ciò vuol dire che ha una risposta lineare alla pennata, in termini di volume: se plettro piano, il volume sarà bassissimo, mentre se plettro forte, il volume sarà altissimo. Questo effetto diminuisce notevolmente con il suono distorto, che per natura è più compresso (provare per credere). Non vi sto ovviamente dicendo che per suonare i pezzi dei Death dovete usare un Twin Reverb e una Stratocaster, però è importante tener presente questo aspetto. E' meglio alzare il volume che il gain. Troppo gain, oltre a comprimere troppo il suono, lo rende incomprensibile (provate a suonare un accordo con più di 3 note e ve ne accorgerete). Ovviamente non siete tutti chitarristi jazz, può anche essere che abbiate solo l'esigenza di suonare power chords. Per capire se il vostro distorto è buono, abbassate il volume della chitarra. Se suonando piano, il suono diventa pulito, vuol dire che siete sulla strada giusta! Non esagerate con gli acuti e con il presence, perchè il vostro suono diventerà sottile e zanzaroso.

L'importanza delle frequenze medie:
Questo merita un capitolo a parte. Sarà capitato a qualcuno di voi di non sentire il proprio suono durante le prove o il concerto. Allora avrete alzato il volume, senza ottenere un risultato apprezzabile. Probabilmente il problema risiedeva nella cattiva equalizzazione delle frequenze medie. Il potenziometro "Middle" è il vostro migliore amico. Dategli fiducia. Sono quelle le frequenze che vi fanno uscire all'interno della band. Se esagerate con le basse andrete a "disturbare" il basso. Se esagerate con gli acuti probabilmente disturberete piatti e rullante della batteria. Le frequenze medie sono proprie della chitarra. Enfatizzandole, non disturberete nessuno, quindi vi sembrerà di avere più volume. In realtà state bucando il mix (wow!), andando a occupare una parte dello spettro sonoro che non è già impegnata da altri strumenti.

Non ho intenzione di parlare degli effetti per il momento, perchè il discorso diventerebbe troppo lungo... iniziate da qui, sia che abbiate una L-5 in un Polytone, o una B.C. Rich in un Randall.

Ciao!

5 settembre 2009

L'arte dell'improvvisazione (seconda parte)

Ciao a tutti! oggi ci occuperemo di un altro aspetto importante dell'improvvisazione: la quantità di materiale da studiare. Ragioniamoci un attimo. Quante scale abbiamo a disposizione? Consideriamo i 3 sistemi principali (scala maggiore, scala minore armonica, scala minore melodica) e i loro modi (7 ciascuno). Siamo a 21 scale, a cui dovremmo ancora aggiungere la scala diminuita e la esatonale. 23, e comunque ne esistono altre. Ora, pensiamo che queste scale dovremo praticarle suonando in posizione ma anche su corda singola (in orizzontale). Ipotizzando 5 posizioni per ogni scala e 5 diteggiature su corda singola (abbiamo 2 corde MI, quindi 2 diteggiature saranno uguali), abbiamo 23 scale x 10 posizioni-diteggiature x 12 tonalità = 2760 possibilità. Quella che ho fatto è ovviamente un'iperbole, perchè tante cose si semplificano (ad es. le scale esatonali sono solo 2 e non 12 eccetera) e tante scale (alcuni modi della minore armonica e minore melodica) non si utilizzano molto, però vi starete rendendo conto che il materiale da studiare è veramente ampio. Riduciamo pure da 2760 a 1500. Pensate che una vita vi basterà per ottenere un linguaggio completo con tutte queste scale (per gradi congiunti, per terze, quarte, quinte, seste e settime diatoniche, oppure suonando più note contemporaneamente), ovviamente tralasciando lo studio di pentatoniche, triadi e quadriadi e quindi degli arpeggi (altro mondo per quello che riguarda l'improvvisazione)? La risposta è ovviamente NO. (fra l'altro, sto dando per scontato che abbiate già la tecnica per studiare tutto ciò).

Che si fa allora?

Un problema comune di chi studia le scale (soprattutto chitarristi) è che non da importanza al suono di quello che sta suonando. Io sono convinto che se sto utilizzando una determinata scala mi deve piacere il suono che produce. Esistono varie possibilità sui vari accordi (sto parlando principalmente di musica modale)... Ad esempio su un accordo C7 posso utilizzare, oltre al normale C misolidio, C lydian dominant, C superlocrio, C frigio dominante, C esatonale... come faccio a decidere?... facile, devo sapere quale (o quali) di queste sonorità mi piace di più. Non si usa una scala tanto per usarla, non funzionerà. Bisognerà averla in testa e poterla cantare sopra l'accordo. In fase di studio, proviamole tutte (o quelle che ci piacciono) cantando le note. Quando suoniamo, non pensiamo "qui uso la superlocria, qua la lydian dominant", ma semplicemente cantiamo le frasi. Il nostro studio delle scale ci porterà in una di quelle direzioni. E' come la pentatonica nel blues, solo che qua si parla di scale un po' più complesse. Ma di questo parleremo più avanti. Per ora rendetevi solo conto che non potrete sapere tutto. Vi consiglio una lettura direi illuminante, che espone molto bene questi concetti:
The Advancing Guitarist
, del grande Mick Goodrick, magistralmente tradotto in italiano dal grande chitarrista Roberto Cecchetto.



4 settembre 2009

La potenza del Riff (di Alessandro Balladore)

Ciao a tutti! oggi lascio spazio a un mio grande amico e grande musicista, Alessandro Balladore! Se volete conoscerlo meglio (e ve lo consiglio), cliccate QUA. La sua musica parlerà per lui!
Detto ciò, veniamo al suo articolo sulla forza del riff. Buona lettura!

Ho cominciato a suonare la chitarra perché qualcuno quando avevo 15 anni mi ha fatto ascoltare Smoke on the water (versione Made in Japan)…è stata una vera botta, nella stomaco, in testa..qualcosa che ha cambiato per sempre la mia vita!! E’ questa la potenza di un riff, non solo qualcosa che caratterizza il brano, ma una vera forza trascinante, carica di energia... Penso a Whole lotta rosie o a qualsiasi pezzo degli AC/DC oppure a Voodoo Chile, Fire, Roadhouse blues giusto per citare i piu’ famosi, ce ne sono centinaia…dimenticavo Satisfaction, Sunshine of your love.
Questi riff vengono ripetuti a volte all’infinito e sono capaci di creare un climax che ti lascia senza fiato!!
Sono fortemente convinto che l'origine di tutto sia nel blues, nella struttura stessa del blues a 12 battute, nella sua ripetizione di un enunciato e risoluzione sulla dominante, nel modo in cui venivano cantati e suonati. Il riff è la base del blues in tutte le sue forme, dal rock al jazz (pensiamo a Bag’s Groove o a Tenor madness), riff che viene poi manipolato come se fosse argilla e diventa l’inizio dell’improvvisazione o dello sviluppo stesso di un tema come ad esempio in Straight,no chaser; diventa il collante dell’intero brano anche quando viene abbandonato per entrare nel solo vero e proprio.
Il riff è la base di tantissimi background orchestrali e di tantisime improvvisazioni dove la stessa frase musicale diventa riff e viene ripetuta anche se l'armonia cambia. Ma la sua forza ritmico-melodica è tale da resistere ugualmente quasi fosse un monolite, qualcosa capace di sgretolare tutto ciò che gli sta attorno, una forza quasi primitiva!!! (ho ascoltato Pat Martino fare una cosa simile sull’intero chorus di Sunny!).
Per finire voglio fare un'affermazione un po’ ardita.. ricollegare il riff al “leit motiv” di wagneriana memoria o ai temi delle grandi opere classiche, prima fra tutte la 5° sinfonia di Beethoven!! E come dimenticare Whole lotta love dei Led Zeppelin, un intero pezzo costruito su un riff di tre note che guarda caso mi ricorda così tanto l’incipit di A love supreme di Coltrane!!

grazie Ale!

3 settembre 2009

Guida completa alla Jam Session

Ciao a tutti, oggi ci occupiamo di un argomento importante e sottovalutato: la Jam Session. Intanto, di che si tratta? Si parla di jam quando più musicisti si trovano insieme su un palco e suonano insieme pezzi che (si presume) conoscono, lasciando molta libertà all'improvvisazione, in quanto non c'è nulla di preparato, se non la conoscenza degli accordi e dei temi dei brani. Ovviamente, non tutti i generi musicali si prestano ad essere suonati in jam. C'è un gran bisogno di strutture larghe e ripetitive, quindi in genere si suonano blues, funk o standard jazz (questo a grandi linee). Quando tutti i musicisti sono d'accordo sul brano (e sulla tonalità!) da suonare, si parte. Sarebbe buona cosa stabilire prima di iniziare chi dovrà suonare il tema del brano. Una volta esaurito il tema, si parte con il giro di assoli. Trattandosi di una situazione aperta, in genere tutti suoneranno un solo (tranne basso e batteria, salvo qualche caso sporadico). E' importante, durante gli assoli, (soprattutto se si è in molti sul palco) stare al proprio posto e suonare poco e in funzione del solista (evitando di coprirlo esagerando con dinamiche e volume). Immaginate una situazione (abbastanza comune) in cui sul palco sono presenti basso, batteria, voce, 2 chitarre, sax e tastiere. Se tutti suonassero continuamente, il povero solista farebbe fatica a emergere, e a dettare le dinamiche (spetta a lui questo compito).
La comunicazione sul palco è importantissima in queste situazioni: quando il chitarrista termina il suo solo, dovrà far capire chi sarà il prossimo solista, facendogli un cenno, guardandolo negli occhi! Non abbiate paura :)
Finito il giro di soli, l'ultimo solista dovrà chiamare il tema, per concludere il pezzo. L'ho visto fare in vari modi, il più comune è... indicarsi la testa (il tema in inglese si chiama head).. ma si può anche dire "tema" :) ...l'importante è farsi capire, altrimenti si rischia di entrare in un tunnel di difficile risoluzione. Ci sono altri segnali importanti che un musicista può lanciare durante il solo. Potrebbe voler chiamare degli stacchi, o degli scambi 4 a 4 con la batteria (nel blues o negli standard, scambi di 4 battute di solo fra batteria e strumenti - Es. sax-batteria-chitarra 1-batteria-chitarra 2-batteria-tastiera-batteria ecc)o chiamare un pedale (passare a una sezione libera composta da un solo accordo). L'unica soluzione è tener d'occhio il solista e capire cosa intende fare. Non guardate il pavimento! C'è un sacco da imparare suonando in situazioni di jam, soprattutto suonare con gli altri (mica un affare da poco.. forse è la cosa più importante!). Ho visto jam con musicisti fantastici andare male per mancanza di comunicazione... stiamo attenti, perchè la capacità di comunicare con i musicisti va oltre le jam session :)

dite la vostra!
Matt

2 settembre 2009

L'arte dell'improvvisazione (prima parte)

L'improvvisazione è probabilmente uno degli aspetti più stimolanti dello suonare uno strumento. Ha a che fare con la libertà di espressione e di conseguenza può portarci a tirar fuori emozioni e concetti difficilmente accessibili in altro modo. La prima cosa da considerare, è che la musica è un linguaggio fatto e finito, con una grammatica, delle regole, una struttura a frasi, delle inflessioni, eccetera. Questo aspetto viene spesso tralasciato (specie da noi chitarristi), ma è importantissimo. Il paragone con la lingua parlata, come insegna Scott Henderson, è assolutamente valido. Quando improvvisiamo, dobbiamo ragionare come se stessimo pronunciando delle frasi (è per questo che si dice "fraseggio").

Ok, ma che vuol dire?

Innanzitutto un discorso parlato (o scritto) deve rispettare delle regole. Vediamo qualche esempio:

Ogni accordo su cui stiamo suonando, ha una scala (o più) su cui possiamo fraseggiare. Sbagliare scala sarebbe come sbagliare... il congiuntivo! Stride... suona proprio MALE, come le unghie sulla lavagna! Quindi, bisogna imparare la correlazione scala-accordo.

Le frasi che andremo a suonare dovranno essere separate le une dalle altre. Si tratta dell'utilizzo degli spazi e della punteggiatura.

unafrasescrittainquestamanierasenzapuntiesenzavirgole
probabilmenterisuleradidifficilecomprensione,
mentre
una frase scritta in questa maniera, utilizzando punti e virgole probabilmente risulterà di facile comprensione.
Lo stesso avviene quando suoniamo! Le pause sono la nostra punteggiatura. Una pausa da un ottavo potrebbe corrispondere ad una virgola, mentre una pausa da 4\4 magari a un punto e a capo.


ecco un esempio di cosa NON si dovrebbe fare:



e uno invece di come si dovrebbe lavorare:






Infine (per oggi) la ripetizione e contestualizzazione

Succede spesso che, per farsi capire, in italiano, sia necessario ribadire un concetto. La stessa cosa avviene in musica. Una stessa frase, dovrà essere ripetuta più volte (con piccole variazioni, dal punto di vista ritmico e melodico - altrimenti si cadrebbe nell'errore grammaticale della ripetizione), per essere assimilata dall'ascoltatore. Il nostro "assolo-discorso" deve parlare di qualcosa. Non posso parlare all'improvviso di lavatrici dopo mezz'ora di documentario sugli scimpanzè. Le frasi che suoniamo devono essere contestualizzate, e avere un senso logico una dopo l'altra!

che ne pensate? buon lavoro :)

Matt

Buongiorno a tutti!

Ciao a tutti! mi presento: mi chiamo Matteo Cerboncini, sono un chitarrista. Ho aperto questo blog (e sto ancora cercando di capirne il funzionamento) per dare un contributo e per condividere dei contenuti. Suono la chitarra fin da quando ero bambino, e mi è capitato di confrontarmi con tante situazioni diverse. Non voglio scrivere lezioni online di chitarra, ma solo condividere concetti e informazioni che ho acquisito negli anni, in modo da discuterne e crescere in qualche modo collettivamente, magari analizzando insieme lo stile improvvisativo di qualche grande musicista, o facendo una recensione di qualche nuovo modello di Stratocaster in uscita sul mercato, o ancora commentando un video su youtube di qualche musicista che sta spopolando online. Insomma, un po' di tutto, sperando di poter essere utile e propositivo. Dimenticavo: qua sotto trovate un breve video di presentazione, così potete farvi un'idea su chi io sia, se non altro dal punto di vista musicale :)